Incontro con il Cardinale Angelo Bagnasco – sabato 13 settembre 2025
Davanti a un'umanità impaurita per ritrovare le ragioni del vivere
Nel dialogo con il Card. Bagnasco siamo partiti da una domanda di una ragazza durante la vacanza con l’Oratorio: “Perché penso al futuro in ogni cosa che faccio, senza riuscire a vivere il momento?”.
I giovani oggi vivono spesso in uno stato di angoscia esistenziale, perché proiettano ogni loro azione verso un futuro incerto, finendo così per avvelenare il presente. Ma pensare al futuro, significa avere un orizzonte della nostra vita, non solo tanti obiettivi ma una meta, non solo tanti fini ma il fine. Senza una meta, tutto perde di significato. Se tutto è destinato al nulla, allora nulla ha valore in sé. Avere un fine che trascende il momento dà senso anche al presente. Nel mare di orizzonti in cui ci troviamo immersi, l’unico modo per superare lo stato di angoscia è proprio la consapevolezza. Ma questa consapevolezza è difficile da raggiungere in un mondo dominato dall’apparenza, dall’istantaneità e dalla superficialità del virtuale.
È in questo contesto che risuona con forza una locuzione latina: "Moritur et ridet" ossia "Muore e ride". Questa espressione descrive la condizione del popolo romano, che pur sapendo di essere destinato alla morte, cercava di esorcizzarla abbandonandosi ai piaceri, alla dissolutezza, alla distrazione. Anche oggi l’uomo, sapendo di dover morire, non sa come affrontare questo destino e quindi non ci pensa, rifugiandosi in una cultura della distrazione e del nichilismo.
Ma perché questa cultura nichilista si diffonde così facilmente? Perché il vuoto dell’anima è di un peso talmente insopportabile che ciascuno cerca, in qualche modo, di alleggerirlo. È un paradosso: il vuoto pesa. Ma se parliamo dello spirito, allora questo vuoto non può essere semplicemente ignorato o colmato dal consumismo eccessivo.
Qual è, allora, la speranza a cui possiamo aggrapparci in un tempo così incerto? La nostra speranza è Cristo, che è morto e risorto, e ha vinto il male. Ma questo non significa che la speranza cristiana sia un generico ottimismo, come se tutto dovesse migliorare prima o poi. Non è un’illusione, né un’emozione. La speranza cristiana è una certezza, fondata su qualcosa che è già accaduto: la vittoria di Cristo sulla morte. E allo stesso tempo è qualcosa che riguarda il futuro, perché questa vittoria deve ancora compiersi pienamente. È proprio questo intreccio tra un fatto del passato e un compimento futuro che costituisce la nostra prospettiva per vivere il presente.
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